La antica Porta Nuova
La porta più antica
A Milano esistono due «Porta Nuova»: quella lungo gli ex bastioni cinquecenteschi, riedificata in età napoleonica, e questa di piazza Cavour, facente parte della cinta muraria che Azzone Visconti eresse attorno al 1330: terraggio interno, mura esterne, fossa d’acqua tra i due. A sua volta, la cerchia muraria di Azzone, di cui gli archi all’inizio di via Manzoni sono la più genuina testimonianza, finì di esistere nella seconda parte del Millecinque, sotto regime spagnolo.
A far fuori o a mutilare gravemente anche gli archi ci provarono in più riprese interpellanze e persino ordinanze municipali e governative dagli inizi dell’Ottocento ai giorni nostri; ma cruciale per il destino di Porta Nuova fu il 1861 quando, avviati i lavori per la prima Stazione Centrale sull’area dell’attuale piazza della Repubblica, venne tracciato il corso Principe Umberto (attuale via Turati) e fu abbattuta la chiesa di S. Bartolomeo che ne avrebbe intralciato lo sbocco. A quel momento, riportati alla luce i contrafforti laterali di Porta Nuova, si praticarono i due passaggi per i pedoni a destra e a sinistra – di modesto raggio, sino alle modifiche ultime del 1956. La demolizione totale era stata caldeggiata o addirittura intimata più volte, tuttavia i due archi sono giunti a noi pressoché integri.
La gran nevicata del 1985, tram “Carrelli 1928” sotto l’arco di Porta Nuova
Già in età medievale, forse durante la stessa costruzione della porta, fu incastonata in alto (dalla parte della campagna e sotto l’altorilievo propiziatorio con la Madonna e Santi) una delle sei stele romane di cui si è compiuto il restauro. La stele consiste in un duplice ritratto a doppia nicchia, dedicato ai fratelli Quintus Novellius Vatia e Caius Novellius Rufus: l’insistenza su quel «Novellius» fece pensare erroneamente che la porta si chiamasse Nuova da quella stele d’età repubblicana (o dei primi anni di Augusto) che è la più antica di tutte. In realtà, di una precedente Porta Nova sulla stessa direttiva per Monza e Lecco si ha notizia sin dall’VIII secolo: forse ricostruita dopo le invasioni gotiche. Le altre cinque stele furono invece inserite nella porta in età moderna: precisamente nel 1861, quando si fecero i lavori di cosiddetto «restauro». La più cospicua di queste stele – che, lungo una delle strade d’ingresso in città, doveva svettare ad oltre due metri di altezza, a gloria e futura memoria della famiglia – porta l’effigie di cinque personaggi: il capofamiglia Caius Vetius, sotto di lui la madre Virginia Luta, più due liberte e un liberto. Alla base dell’iscrizione dedicatoria stanno due figurine come di teatro, ma in realtà in atto di esibire e contrattare un grande panno: rappresentazione del fiorente mestiere del gruppo, commercianti in tessuti.
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