San Lorenzo e Sant’Aquilino
Una gran basilica ricostruita tante volte
laddove le acque dell’Olona un tempo si univano a quelle del Nirone
Venuta su nel corso del V secolo, costruita in gran parte con i marmi di edifici romani circostanti, arricchita all’interno di mosaici (di cui tuttora rimangono tracce tanto significative quanto misconosciute), la basilica di San Lorenzo conobbe un primo incendio nel 1071, un primo crollo nel 1103, un nuovo rogo nel 1124, un nuovo crollo (della cupola) nel 1573. «Tutta questa città ne piange per esser ruinata la più bella antichità ch’in essa fosse; fatta come la rotonda di Roma, ma più grande, più bella, et fatta con maggior spesa et Architettura» (e per «rotonda di Roma» lo scrivente di allora, referendario al duca d’Este, intendeva il Pantheon). Sistemata nelle forme attuali alle soglie del 1600 – architetto Martino Bassi – e ancora manomessa in facciata nel 1804.
Nonostante queste traversie la basilica conserva molti e grandiosi aspetti della costruzione primitiva; ed è un vero godimento, per gli intenditori, andarsi a individuare le tracce delle successive sovrapposizioni dentro e fuori il perimetro di San Lorenzo. Paleocristiano è il manufatto principale delle mura esterne, e conformi alle origini tre delle quattro torri, in muratura rustica; la quarta (frontale a destra) ci è arrivata con una trifora romanica; bizantineggiante è la struttura delle tre cappelle periferiche oggi dedicate a Sant’Aquilino, Sant’Ippolito e San Sisto.
Sant’Aquilino è la cappella ottagonale a sinistra, da piazza della Vetra.
Il tesoro più prezioso di Sant’Aquilino è rappresentato dagli avanzi – ahimè ridottissimi – dei mosaici che un tempo dovettero ornare tutto l’insieme, non certo inferiori per ricchezza e bellezza ai mosaici romano-bizantini di Ravenna (Battistero e Mausoleo di Galla Placidia). Le figure ieratiche dei patriarchi nell’atrio presentano un certo divario stilistico rispetto al Cristo fra gli Apostoli e al frammento di scena pastorale delle absidi nella cappella, ma l’epoca sembra pressappoco la medesima, compresa nei primi anni del V secolo (San Vitale e Sant’Apollinare sono del VI). L’importanza storica e artistica di questi avanzi è stata ormai rilevata universalmente: essi permettono di ipotizzare un trasferimento delle maestranze milanesi a Ravenna, al seguito di Onorio, piuttosto che un’importazione di artigiani da Ravenna in Lombardia. Un bel vanto, per la città di Milano, che rende d’altra parte più profondo il rammarico per tutto quanto si è perduto nei secoli in Sant’Aquilino, fra un divampare e l’altro di incendi.
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