Sant’Ambrogio, la pusterla, la basilica e la Vergine delle Rocce

Nartece di Sante'Ambrogio

Sant’Ambrogio, la pusterla, la basilica e la Vergine delle Rocce

La Pusterla vista da piazza Sant'Ambrogio

La Pusterla di Sant’Ambrogio è una fra le poche porte della città medievale arrivate sino a noi, sebbene quello che vediamo è frutto di una parziale ricostruzione nella parte superiore, operata da Reggiori nel secolo scorso. Sembra disassata rispetto a via San Vittore, probabilmente a causa di modifiche urbanistiche nel corso dei secoli. Quella via fu tracciata per facilitare l’espansione urbana ai tempi degli Sforza, e a quel ridisegno urbanistico partecipò anche Leonardo da Vinci che nei pressi aveva la sua vigna.

Atrio di Sant'Ambrogio

La Basilica è il più insigne monumento medievale giunto a noi e recuperato negli stilemi romanici. Vi si accede da un elegante porticato ricco di fregi a bassorilievo e di lapidi incastonate alle pareti. Sulla destra si potrà scorgere persino una scritta in ebraico, che conferma la presenza di una comunità già ai tempi ambrosiani,

L’interno della Basilica è composto su doppio livello, col matroneo sovrastante, ed è ritornato alla forma dell’XI secolo. Conserva insigni oggetti, fra cui spicca, sotto il ciborio policromo del X secolo, il paliotto (altare) cesellato in oro e gemme nell’835 DC dall’artista Volvinio, con le vicende del Santo patrono. A lato c’è la cappella di San Vittore in Ciel d’Oro, sacello che preserva un mosaico musivo del V secolo DC, con le figure di Ambrogio e tre martiri. E’ l’immagine più antica, magro e con le orecchie a sventola, tratti più semitici che indoeuropei, che abbiamo di lui.

La tela attribuita a Francesco Melzi col concorso di Leonardo da Vinci

In fronte alla basilica, con ingresso dal primo portone di via Lanzone, si può visitare presso l’istituto delle suore Orsoline, un capolavoro ai più sconosciuti (prenotare la visita presso lo specifico sito): La Vergine delle Rocce del Borghetto.

Si tratta di un “retracto”, cioè di una copia dal vero, verosimilmente dipinto su tela da Francesco Melzi, avendo a fianco l’originale oggi al Louvre, e la guida del suo mentore e maestro, Leonardo da Vinci. E’ databile fra il 1516 e il 1519 quando i due erano ospiti del re di Francia Francesco I ad Amboise.