Palazzo Sormani e il Monforte
Il tempio dei libri
Palazzo Sormani, da ricca dimora aristocratica è divenuto una fra le più ricche e utili biblioteche italiane, punto di riferimento per milioni di studiosi e studenti di ogni età, dal dopoguerra ad oggi
Eretto agli inizi del 1600, la sua facciata che dà sul corso di Porta Vittoria reca la firma di Francesco Croce ed è databile attorno al 1746; vent’anni dopo, Benedetto Alfieri disegnava l’altra, assai più ricca, orientata verso il giardino; e il giardino stesso, un tempo assai più vasto, venne sistemato sul finire di quel secolo dal Pollak.
Arrigo Arrighetti, da un cumulo di rovine fumanti quale uscì il Palazzo Sormani dalla guerra ultima, ha tratto gli ambienti per ospitare la Biblioteca Civica Centrale, già al Castello Sforzesco. Riaperta nel ’56, ha potuto in buona parte colmare i vuoti che le procurarono gli incendi del periodo bellico grazie ad accorti acquisti, lasciti e donazioni. Tra i fondi speciali custoditi in Palazzo Sormani particolarmente prezioso è il patrimonio stendhaliano: comprende la sua biblioteca di Civitavecchia e la biblioteca di un grande studioso di Stendhal, Bruno Pincherle (donata dal fratello). L’insieme delle due biblioteche forma il più vasto nucleo di libri e documenti sul Beyle esistente fuori di Grenoble.
Venendo ai nostri anni, alla Biblioteca Comunale Centrale gli eredi di Eugenio Montale hanno affidato il patrimonio bibliografico del poeta, che è andato ad affiancarsi al fondo Arrigo Cajumi, all’archivio futurista di Paolo Buzzi e a quello novecentista del pittore Aloi. La sezione del Libro figurato d’autore (1.500 pezzi) è fra le più cospicue d’Europa.
Il Monforte e la cerchia dei Navigli di Leonardo da Vinci
Fra i fogli del Codice Atlantico che si conservano alla Biblioteca Ambrosiana ne spicca uno, che i più chiamano la mappa di Milano. In realtà è un eidotipo, cioè un brogliaccio di campo che Leonardo portò seco, probabilmente appuntato a una tavoletta. Il compito che si era dato, o che gli aveva commissionato il governatore, era la misurazione della cerchia dei Navigli. Percorse a piedi l’alzaia e annotò i suoi passi cadenzati e regolari. Partì dal Monforte (Moforte è annotato all’inizio) e ritornò fino a quel punto, segnando le tappe sull’arco di cerchio che lasciò aperto. Si riconosce bene il quadrilatero del Castello Sforzesco; la traccia dell’antico decumano e cardo col foro imperiale dove oggi c’é l’Ambrosiana; i fossati entro le mura.
Tornato in studio, convertì i suoi passi in braccia milanesi e tirò le somme. Un recente studio ha confermato questa lettura, e il dato risultante in braccia corrisponde esattamente alla misurazione metrica, ovvero circa sei chilometri. Da geniere ad artista, Leonardo vi aggiunse lo straordinario schizzo a volo d’uccello, in cui si riconosce perfettamente il Castello (a sinistra) e al centro il campanile di San Gottardo con la relativa chiesa ottagonale e alle spalle il cantiere dell’erigendo Duomo di Milano.
Perché iniziò dal Monforte? Negli ultimi anni della sua residenza ambrosiana, attorno al 1510, Leonardo abitava nella parrocchia di San Babila, cioè in quel rione e lavorarava per il governatore di Francia Charles d’Amboise proprio su opere di urbanistica, ingegneria idraulica e architettura. Sebbene i più ritengono che sia riferibile ai tempi sforzeschi, questa ipotesi appare assai più verosimile.
vai ai Navigli che non ci sono più